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Ogni anno, per il giorno della memoria, mi passano d’avanti agli occhi questi tre scatti, uniti in una singola immagine, e ogni anno penso sempre la stessa cosa: “è una bambina bellissima” e lo dico proprio così, col tempo presente, quasi come se lei l’avessi di fronte realmente in quel momento. Il suo sguardo: due buchi neri che non lasciano scampo, infiniti, indefinibili. Mi piace il suo viso, adoro i suoi lineamenti. Vivo il paradosso di un’emozione positiva su di una sequenza di immagini negativa; una sequenza che mi fa venire voglia di abbracciarla, di proteggerla, di portarla via con me, di dirle “non preoccuparti, ti donerò la vita che meriti”.

Mi sembra di sentire i suoi pensieri e le sue emozioni più che la sua stessa voce. Ogni anno cerco di ricordare il suo nome ma, mestamente, con una certa vergogna vado a cercarlo perché lo dimentico, lo dimentico già dal giorno dopo quello della memoria. Paradossale, eh? Non ho memoria del suo nome, non riesco a ricordare che lei è Czesława Kwoka; questa cosa mi imbarazza e mi fa pensare di non essere degno di pensarla. Ebbene si, a me capita di pensare a lei molto spesso durante l’anno; il giorno della memoria, per me, è solo il giorno in cui tristemente mi ricordo di non avere mai imparato il suo nome. Dal primo momento che questa foto si è insinuata dentro di me, ho provato un sentimento, ho percepito un contatto animico profondo. Quella bambina e io abbiamo qualcosa in comune, ma cosa? Cerco ancora di capirlo, cerco di districarmi lungo il percorso di quel filo rosso che me la fa sentire così vicina.

Czesława Kwoka fu uccisa il 12 marzo del 1943 all’età di 14 anni e, per di più, il “come” fu uccisa non fu nemmeno registrato, quasi a voler sottolineare quanto poco importasse la sua esistenza. A chi sarebbe servito ricordare come venne ammazzata? Ogni anno è lei, per me, l’immagine simbolo di tutti quei bambini ingannati e massacrati nel nome di uno stato di devianza.

Io la amo, io sono innamorato di Czesława Kwoka, lo sono perché non serve solo “ricordare” per non commettere più gli stessi errori. Serve urgentemente e profondamente amare per essere sempre veramente credibili, non solo nel fottuto giorno della memoria!

Scritto e pubblicato il

da Marco Placido Stissi (alias “

“)

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