Di tempeste e altri ingredienti

Oggi è uno di quei giorni in cui vorrei stare appiccicato al vetro di una finestra per poi scivolare lentamente lungo di esso come farebbe una goccia di pioggia che lo lecca con la sua paffuta pancia umida; vorrei resistere alla gravità con la sua stessa disinvoltura, con la sua stessa trasparenza.

Oggi sarebbe il giorno perfetto se quella finestra fosse cucita ad una piccola casetta poggiata su di una collina al di sopra di un bosco, oggi sarebbe meraviglioso se, attraverso di lei, il mio sguardo si perdesse in un orizzonte fatto di piccoli puntini luminosi distanti anni luce da ogni tempesta che intreccia la mia mente e turba il mio cuore.

Nebbia, vorrei nebbia ad accarezzarmi i capelli, e vorrei un carico di malinconia così intenso da essere capace di inghiottire i buchi neri su cui danzano le mie ombre, e certi nomi, e alcune cose, e pure la luce in eccesso che mi scontorna speranze e certezze. Oggi vacillo senza un’apparente ragione e non voglio spostarmi dalla roccia su cui mi sono seduto e sulla quale ho slacciato le emozioni. Vado giù e smusso ogni cosa, pure le mie ossa, come una perpetua cascata che si lascia andare da una vetta troppo alta poi da risalire; è un salto senza ritorno, ma lo faccio ad occhi chiusi e con in bocca un morso di felicità che inghiottirò durante il volo.

Mi volto e guardo indietro: vedo miliardi di immagini di me stesso che si susseguono e che si srotolano fino al quel principio che è lì ancorato a quel 15 marzo del 1977 e mi guarda ancora da così lontano con un sorriso appeso ai suoi grandi occhi gonfi di meraviglia e di amore. È fiero di me, ma io ho nostalgia di lui e sento, invece, di averlo deluso, di non aver saputo fare la differenza.
Riporto il mio sguardo al presente, e piango un po’ e sento che altre immagini di me si staccano con forza dalla mia schiena per continuare a lasciare tracce sulle pagine del mio passato; è la mia storia che avanza.

Il futuro è un pozzo dentro cui posso scegliere di tuffarmi o che posso discendere lentamente legato ad un cesto.

Durante il cammino ho raccolto molti ingredienti, e con essi, mescolati ai miei sogni, ho sperimentato sbagli e vittorie, ho costruito alcune versioni di me stesso, e idee, e nuovi amori.

Non so ancora cosa mi aspetta nel tempo che mi resta, ma so che voglio viverlo così come mi viene e, girando ogni tanto lo sguardo a quel primo fotogramma di me stesso che si è impresso nella pellicola di questa esistenza, prometto che avrò cura di me e di tutto ciò che finora ho preso in prestito dalla vita e che mi accompagnerà fino a quando i miei occhi avranno la forza di tenere per mano le stelle.

Scritto e pubblicato il

da Marco Placido Stissi (alias “

“)

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